È dell’inizio di quest’anno la dichiarazione dell’allora ministro Fedeli che si dichiarava entusiasta del possibile utilizzo degli smartphone all’interno della scuola, considerati utilissimi device in grado di potenziare l’apprendimento e l’accessibilità della conoscenza (leggi il Decalogo del Ministero).

Al di là delle immancabili diatribe che ne sono seguite, abbiamo dato un’occhiata alla letteratura psicologica recente per capire se ed in che modo gli smartphone possono effettivamente costituire uno strumento efficacemente integrabile nella scuola.

Ecco quindi sei punti sui quali pensiamo possa essere interessante riflettere.

1. I magazzini del ricordo non aiutano il ricordo

Un’aspetto fondamentale dell’apprendimento è certamente il ricordo dei contenuti, il recupero mnemonico delle informazioni acquisite. Come ho sostenuto anche qui, però, il fatto stesso di sapere che esiste un supporto elettronico in grado di recuperare in tempo reale le informazioni di cui si ha bisogno dà vita ad un pericoloso effetto delega, in grado di depotenziare i meccanismi che fissano i ricordi alla memoria (Sparrow et al., 2011).

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2. Accessibilità non coincide con rielaborazione

Il fatto che molte informazioni siano accessibili online non assicura che siano comprese, integrate e ricordate. Il processo di integrare le nuove informazioni in entrata con quelle già presenti in memoria, rielaborarle e renderle di conseguenza salienti e ricordabili costituisce un passo successivo (Bartoletti, 2013), il cui buon esito non è assicurato dalla presenza di un mezzo come lo smartphone, sebbene così ben collegato e con una tale potenza di recupero informazioni.

3. Psicopatologia della distrazione quotidiana: il mondo attraverso uno schermo

L’aspetto più controverso degli Smartphone a scuola, però, riguarda ogni loro utilizzo non attinente alla didattica, e sono molti. Ogni cellulare, infatti, possiede accesso diretto ad una varietà pressoché infinita di social network, giochi, app, programmi di messaggistica, per non parlare del mondo variegato, multiforme ed enormemente esteso del World Wide Web tradizionale. Tutto ciò rende l’accesso agli smartphone a scuola o durante lo studio una fonte inesauribile di possibili distrazioni, in grado di rendere vano ogni tentativo di insegnamento (Ward et al., 2017). L’unica via d’uscita che intravediamo risiede nell’utilizzo di terminali con tali e tante restrizioni tecniche da rendere superfluo l’aggettivo “smart”. 

4. Rielaborazione di gruppo e nuove tecnologie: una concreta possibilità

Le moderne epistemologie costruttiviste e costruzioniste hanno ormai abbandonato l’idea che la conoscenza sia un bene, qualcosa di oggettificabile e trasportabile da un luogo ad un altro (o da una persona ad un’altra), a favore di un’approccio secondo il quale ognuno concorre in prima persona alla costruzione delle sue proprie conoscenze e competenze (Von Glaserfeld, 1995). L’insegnante, piuttosto che un fattorino o un magazziniere, viene quindi visto come il propulsore di un processo che deve svolgere il bambino, o più in generale il gruppo classe (Brause, 1992). All’interno di tale prospettiva diviene centrale la possibilità di rielaborare, tramite l’azione e la comunicazione, i concetti che sono stati proposti: in questo modo, infatti, questi ultimi entrano a far parte della rete di significati dell’alunno, lasciandovi un segno duraturo. Le nuove tecnologie forniscono supporti in grado di favorire l’azione di rielaborazione: la scrittura, la costruzione di video, filmati, montaggi, schede, schemi, ed altro. Gli smartphone possono invece costituire il supporto tramite il quale favorire l’interazione fra alunni, che permetta la crescita di una cultura condivisa di classe che includa anche le materie di studio.

5. Il linguaggio del discente: l’importanza di adattare il contenuto al contenitore

Una riflessione di tipo diverso riguarda, invece, il professore o l’educatore. Gli smartphone con il loro corredo social share, infatti, hanno assunto una tale importanza nel mondo in generale, ed in quello degli adolescenti in particolare, che per questi ultimi risulta utopico pensare di non conoscerne neanche alla lontana gli angoli e le potenzialità. Al contrario, trovo sia buona norma sapere come utilizzarli e quali ne possono essere i rischi, in modo da poter essere in grado, all’occorrenza, di fornire informazioni e indicazioni ai giovani studenti; inoltre, in alcuni casi possono diventare un utile strumento per stabilire un contatto relazionale tramite i mezzi più comuni tra i ragazzi.

6. Sperimentare senza delegare

Qualsiasi utilizzo verrà fatto degli smartphone a scuola, sarà quindi frutto di un intenso lavoro di sperimentazione e confronto. Trovo che le posizioni partigiane ed assolute (smartphone sì/no) siano da evitare; anche considerando che, al di là delle riflessioni generali, dovrebbe essere compito e responsabilità di ogni singolo insegnante valutare se e quanto un determinato mezzo si adatti al suo stile peculiare e alla sua personalità. Che sono e sempre saranno gli strumenti principali a disposizione di ogni educatore.

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Psicologo Psicoterapeuta, sono specializzato in Terapia Breve Strategica presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo, presso il quale sono Psicoterapeuta Ufficiale e Ricercatore. Membro del Comitato Scientifico dell'Associazione Sentire le Voci e del Brief Strategic and Systemic Therapies World Network, ricevo privatamente presso i miei studi di Firenze e Parma.