I traumi in età infantile sono più comuni di quanto pensiamo, circa il 78% dei bambini riportano più di un’esperienza traumatica prima dell’età di 5 anni. Il 20% dei bambini fino a 6 anni, invece, è in terapia per un’esperienza traumatica come abusi sessuali, esposizione a violenza domestica, abbandono, perdita dei genitori (Fonte: National Child Traumatic Stress Network).Gli adulti che soffrono per un trauma subito in età infantile possono sviluppare una forma del disturbo post traumatico da stress noto come PTSD complesso (cPTSD, Complex Post Traumatic Stress Disorder) ed è caratterizzato da difficoltà nel regolare le emozioni, problemi di memoria, di consapevolezza di sé, percezione distorta di chi compie gli abusi, difficoltà a relazionarsi con gli altri. Sebbene non ci siano molti dati statistici sul fenomeno del cPTSD, secondo un ente nazionale statunitense, il CDC, solo nel 2012, circa 9 bambini su 1.000, sono stati vittime di maltrattamenti.

Il ruolo dei traumi infantili nello sviluppo dell’identità

La sviluppo dell’identità è un importante processo che ci accompagna durante l’intero arco della nostra vita.

L’identità è un senso stabile di ciò che si è, dei propri valori e ideali. Erik Erikson, 1968

L’identità comprende la capacità di vivere un’esperienza emotiva integrata, ovvero essere consapevoli dei propri stati emotivi, sentirsi sicuri e coerenti come individui. Un’esperienza traumatica di qualsiasi genere in età infantile ha un profondo impatto sullo sviluppo dell’identità. Segna in qualche modo un cambio di traiettoria. Questo significa continuare a vivere come “sopravvissuto/a”. Avere la tendenza a vivere le relazioni con delle opportune precauzioni, poiché la paura di vivere nuovamente l’esperienza traumatica  sarà sempre dietro l’angolo. Le persone in questa situazione si identificano con un “sé traumatico” e tendono a vivere le proprie fasi della vita, infanzia, adolescenza e vita adulta, con un taglio netto, in modo del tutto dissociato. Come ogni altra esperienza, il trauma, imprime un marchio, ci modella.

“Nel mito di Medusa, chiunque l’avesse guardata direttamente negli occhi si sarebbe tramutato in pietra. Succede lo stesso con il trauma. Se tentiamo di confrontarci con esso affrontandolo, continuerà a fare ciò che ha sempre fatto – immobilizzarci nel terrore.” Peter A. Levine, Traumi e shock emotivi, 1997

Di seguito, saranno descritti i possibili vissuti generati da un trauma infantile.

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1. Infanzia privata

“Non ho mai avuto un’infanzia.”

oppure

“Non ricordo molto della mia infanzia.”

È il caso in cui si hanno pochi ricordi della propria infanzia. Spesso si tende a ricordare solo pochi momenti, particolarmente intensi e disconnessi dal contesto. Si tratta di veri e propri flash di memoria o ricordi fotografici (dall’inglese flashbulb memory). Queste persone non hanno quadro chiaro della loro infanzia e, in qualche caso, della loro adolescenza. Sono prive del senso autobiografico chiamato coerenza narrativa secondo la teoria dell’attaccamento. La sensazione principale è che l’infanzia sia stata rubata o privata.

2. Perdita di parti del sé

“Ho sempre avuto l’impressione di aver perduto qualcosa, ma non so cosa.”

Lo stress cronico derivante da un trauma può spingerci ad isolare quella parte del sé connessa al trauma. Per questo motivo ne deriva una forma di dissociazione da quella parte di sé. L’intento è quello di isolarla, nasconderla, oscurarla, al fine di preservare se stessi.

3. Attrazione per le relazioni distruttive

“Spesso accetto di incontrare persone che non fanno per me.”

Stringere un’amicizia, iniziare una relazione sentimentale o persino lavorare a stretto contatto con una persona “intermittente”, che ci fa soffrire, non possiamo considerarlo un bene per la nostra persona. Proprio questo può capitare alle persone con un vissuto traumatico, ovvero ricercare nell’altro quella parte del proprio sé traumatizzata e continuare a rivivere il trauma nella relazione attuale, con la convinzione di aver trovato la persona giusta “nonostante tutto”. Si tratta della coazione a ripetere. Quale può essere la persona “intermittente” o poco predisposta alle relazioni? Si tratta delle persone che sono emotivamente poco disponibili (ad es. i narcisisti), quelli che si presentano come salvatori e promettono di sistemare tutto fin dal primo momento.

4. Evitare le relazioni affettive

“Sono single per scelta.”

La tendenza all’evitamento dei legami affettivi o all’isolamento è una possibile reazione alla paura che qualcosa possa andare male nella relazione. Significa interrompere qualsiasi tentativo futuro di vivere un nuovo fallimento relazionale. Non bisogna mai dimenticare che una sana vita relazionale è di cruciale importanza per la propria crescita personale.

5. ​Evitare parti di sé inaccettabili

“Non mi piace ricordare il passato, mi fa sentire triste.”

È molto frequente evitare qualsiasi ricordo personale che possa ricollegarsi in qualsiasi modo a quel triste e doloroso sentiero che porta al trauma. Quella parte di sé finirà per essere investita di disgusto, tristezza e figurarsi come lo specchio di una rigida identità traumatizzata.

6. Difficoltà a vivere un’esperienza emotiva integrata

“Non sono il tipo di persona che si lascia andare alle emozioni.”

Quando emozioni e sentimenti non hanno importanza nella famiglia di origine, l’esperienza emotiva può essere scissa dalla propria identità come se non fosse parte della propria esperienza di vita. In ogni modo, le emozioni continuano comunque a guidarci nella vita di ogni giorno, ma può succedere di non essere in grado di “dosarle”. Si tratta della disregolazione emotiva, quando lo scarso contatto con l’esperienza emotiva può spingerci a prendere decisioni impulsive. Essere separati dall’esperienza emotiva non è l’unica strada. Ci sono persone che dichiarano di non riuscire a provare emozioni o di  mantenerle sulla sfondo fino ad esplodere. Un’altra strada è quella in cui si sviluppa la tendenza a preferire le emozioni negative, come la rabbia, il disgusto, il disprezzo, nelle relazioni con gli altri. Gratitudine, cortesia, gentilezza, rispetto non sono contemplate e si possono viverle con forte sospetto.

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Conclusioni

Non dovrebbe stupirci il fatto che un trauma possa avere un notevole effetto sulla formazione e lo sviluppo dell’identità di una persona, ma non bisogna scoraggiarsi perché nulla è perduto. Il lavoro terapeutico offre una speranza concreta di poter innescare delle trasformazioni e risvegliare l’evoluzione di una identità traumatizzata:

Il trauma non può solo essere guarito, ma, con una guida e un sostegno adeguati, può operare delle trasformazioni. Il trauma è potenzialmente una delle forze più significative per il risveglio e l’evoluzione psicologici, sociali e spirituali. Peter A. Levine, Traumi e shock emotivi, 1997

Lettura di approfondimento:

P. Levine, Trauma e memoria. Una guida pratica per capire ed elaborare i ricordi traumatici, 2018

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