Sàndor Ferenczi (Miskolc, 7 luglio 1873 – Budapest, 22 maggio 1933) nacque a Miskolc (Ungheria) con il nome di Sándor Fränkel dall’unione di Baruch Fränkel and Rosa Eibenschütz, ebrei di origine polacca. In seguito, il padre, per magiarizzazione, aveva cambiato il suo nome in Bernát Ferenczi.

I primi anni

Sàndor Ferenczi visse la sua infanzia a Cracovia. Il padre, un piccolo editore, gestiva una biblioteca. Sàndor sviluppò fin da piccolo la passione per la poesia e la lettura. All’età di 11 anni, dopo la morte del padre, trovò rifugio fra le pagine dei libri che leggeva. Durante l’adolescenza iniziò a comporre poesie. Infatti, qualche anno più tardi scrisse un poema romantico per la madre. Conseguì la laurea nel 1894 in Medicina presso l’Università di Vienna. Sin dopo la laurea si iniziò a interessare di patologie mentali. In breve tempo, all’età di 27 anni, divenne primario di neurologia presso l’Elisabeth Pourhouse (Aldo Carotenuto, Breve storia della psicoanalisi, 1999).

L’amicizia con Freud

Ferenczi, attratto dalle teorie psicoanalitiche, incontra Freud nel 1908 in occasione di una vacanza a Berchtesgaden.

L’incontro è un colpo di fulmine per entrambi e l’inizio di un’amicizia molto intensa. […] Freud ama di lui la sua curiosità intellettuale, l’anticonformismo, la spiccata capacità di osservazione. Ferenczi mostra a Freud una totale disponibilità e un affetto filiale… […] Da quel momento i due s’intratterranno di frequente e intratterranno tra loro un intenso rapporto epistolare.

M. Cerato, Incontri ravvicinati. Psicoanalisi: un viaggio attraverso le parti più intime si sé e dell’altro, 2011, p. 227

Da questo momento inizierà una forte amicizia e un’attività di stretta collaborazione fra i due. Inizia a divulgare le teorie e le idee di Freud in numerose conferenze. In seguito, fonda nel 1914 la Società Ungherese di Psicoanalisi. Ben presto, Ferenczi, divenne uno dei “fedelissimi” del movimento psicoanalitico e della teoria di Freud, al punto da ricevere “l’anello del comitato”.

Non è corretto ricordare Ferenczi come “allievo” di Freud se percorriamo la storia nel suo complesso.

Infatti, è da considerarlo un vero e proprio pioniere della psicoanalisi poiché a un certo punto della sua carriera segnò una svolta nella tecnica psicoanalitica, sviluppò il suo pensiero originale scostandosi in maniera radicale da Freud.

Se Freud ha inventato la psicoanalisi, Ferenczi l’ha fatta, l’ha incarnata vivendola sulla propria pelle. L’ha cioè sperimentata in prima persona […] mostrandoci passo a passo mediante i suoi scritti come essa si possa inverare in esercizio autentico di pensiero e sensibilità al servizio del paziente e della comprensione della sua sofferenza.

F. Borgogno, La psicoanalisi come percorso, 1999, p. 152

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Le nevrosi di guerra

Ferenczi, nel 1914, con lo scoppio della I guerra mondiale, venne reclutato come medico da campo. Durante questo periodo si sottopose ad analisi con Freud, ma potè pagare le sedute con generi alimentari. Inizialmente, l’intento era di condurre una analisi piuttosto breve, ma si protrarrà fino al 1918. L’esperienza di Ferenczi lo portò ad approfondire la nevrosi di guerra, quella che col tempo è stata estesa a numerose altre esperienze traumatiche, il disturbo post traumatico da stress (DPTS o PTSD).

Una serie di sintomi che pervadevano la persona che aveva assistito a un evento catastrofico come l’esplosione di una bomba, ma era rimasta illesa:

mal di testa, vertigini, amnesia, tremori, difficoltà di concentrazione.

Le esperienze acquisite con i nevrotici di guerra hanno condotto i neurologi oltre la scoperta della psiche, li hanno condotti a scoprire la psicoanalisi.

S. Ferenczi, 1919, p. 18 in Opere Vol. III

Thalassa, una teoria della genialità

Non c’è miglior termine che rappresenti l’essenza della psicoanalisi. Infatti, thalassa è un termine greco che significa “mare”. Quindi, la psicoanalisi è un mare in cui iniziare un viaggio senza confini il cui esito è incerto.

È un’opera carica di contenuti, innovativa e rivoluzionaria per la storia della psicoanalisi. L’opera si divide in due parti, una filogenetica e una ontogenetica.

La vita intrauterina – sosteneva Ferenczi – rappresentava una ripetizione dell’esistenza delle più semplici forme di vita oceanica. Quando, nelle età passate, una specie animale era emersa dal mare per continuare la propria evoluzione sulla terra ferma, aveva sperimentato un dramma, di cui quello della nascita non era che una ripetizione. L’uomo avvertiva con dolore non solo la nostalgia del ritorno nel grembo materno (come sosteneva Rank), ma soprattutto quella del ritorno alla propria primordiale esistenza nelle profondità marine.

Henri Ellenberger, La scoperta dell’inconscio, 1970

Il trauma della nascita

La nascita come catastrofe, quindi il trauma della nascita. La vita intrauterina come richiamo all’immagine di un antenato vertebrato acquatico. Quindi, la nostra esistenza sarebbe una rievocazione di una antica stirpe esistente nelle profondità marine.

«Alcuni aspetti del simbolismo dei sogni e delle nevrosi suggeriscono l’esistenza di una profonda analogia simbolica tra il corpo materno e l’oceano da una parte, la terra-madre “nutrice” dall’altra. È possibile che questo simbolismo esprima innanzitutto il fatto che l’uomo, in quanto individuo, prima della nascita risulta essere un endoparassita acquatico e, dopo la nascita, per un certo periodo, un ectoparassita aereo della madre, ma anche che, nell’evoluzione della specie, la terra e l’oceano avevano in realtà il ruolo di precursori della maternità e costituivano essi stessi un’organizzazione protettrice, avvolgendo e nutrendo i nostri antenati animali.»

«In questo senso, il simbolismo marino della madre ha un carattere più arcaico, primitivo, mentre il simbolismo della terra risale a un periodo più tardo, nel quale il pesce, gettato sulla terraferma dal prosciugamento degli oceani, doveva accontentarsi dell’acqua che filtrava dalle profondità della terra (e che costituiva nello stesso tempo la base del suo nutrimento); in queste condizioni ambientali favorevoli il pesce ha potuto sopravvivere, per così dire da parassita, per tutto il tempo necessario a realizzare la propria metamorfosi in animale anfibio»

Ferenczi S., Thalassa. Saggio sulla teoria della genitalità, in  Opere. Volume Terzo 1919-2016, p. 266

Nella sua visione, la placenta e l’amnios, sono equivalenti del mondo acquatico in cui qualsiasi specie non sarebbe sopravvissuta se gli oceani, ricchi di sostanze nutritive e ossigeno, fossero improvvisamente evaporati. Il fulcro di quest’opera è quello di ricercare un legame fra biologia e psiche.

La terapia attiva (o tecnica attiva)

Ferenczi parte dalla considerazione che la libera associazione (di Freud), permettendo al paziente di esprimere le resistenze, non permetteva di andare oltre la rimozione delle esperienze dolorose o traumatiche. Se Freud dava priorità al ricordare piuttosto che al desiderio di ripetere:

il voler rivivere anziché ricordare è considerato un sintomo di resistenza e, come tale, un’attività da evitarsi. Tuttavia, dal punto di vista della coazione a ripetere, è assolutamente inevitabile che il paziente ripeta durante la cura intere parti del suo sviluppo;

S. Freud, Ricordare, ripetere ed elaborare, 1914

Ferenczi, al contrario, attribuì un ruolo fondamentale al ripetere i vissuti conflittuali:

l’esperienza ha mostrato che la ripetizione concerne proprio quelle parti che nella forma del ricordo non è possibile far riemergere, dimodoché se al paziente non resta altra via che riprodurle, anche l’analista, se vuole afferrare il materiale specificamente inconscio, non può far altro che seguire il paziente su questa via.

S. Ferenczi, O. Rank, Prospettive di sviluppo della psicoanalisi, 1924

L’analista ha il compito di “attivare” la ripetizione nel caso il paziente non la produca spontaneamente «con lo scopo di vincere in modo definitivo questa tendenza, cosa a cui perviene rivelandone il contenuto» (S. Ferenczi, O. Rank, Prospettive di sviluppo della psicoanalisi, 1924).

L’analista alla guida

I contenuti da analizzare sono quelli dell’esperienza attuale dell’analizzato, poiché il passato tende a ripetersi nell’attualità della relazione analitica. Evitare il «chiacchierare a vanvera» come prodotto della libera associazione, ma guidare la persona «a seguire un corso di pensieri che ha conclusioni penose, cosa che suscita naturalmente la sua resistenza» (S. Ferenczi, Fondamenti di psicoanalisi, 1974).

In questo modo, la persona sperimenterà frustrazione, poiché l’analista lo sta guidando verso la turbolenza psichica, generatrice dei sintomi, al di la della quale si nasconde il materiale da analizzare. Questo si può realizzare solo quando la persona ha sviluppato un forte legame con l’analisi.

Fin qui, i lavori di Ferenczi trovarono l’ampio consenso di Sigmund Freud, ma le successive pubblicazioni segneranno l’inizio di una rottura definitiva.

Modifiche alla tecnica attiva

In seguito, Ferenczi, modificò la sua tecnica introducendo un nuovo assunto, ovvero basare l’analisi sulla ripetizione delle esperienze traumatiche infantili. Quindi, si passa dallo stimolare la frustrazione al principio di concessione per facilitare la regressione tramite un atteggiamento materno. In questo modo, ponendo i pazienti in assoluta libertà, sarebbero riemersi i vissuti dolorosi. Si tratta del metodo della distensione. Infatti, Ferenczi, si lascerà abbracciare e baciare dai suoi pazienti, al contrario dell’atteggiamento neutrale e opaco proposto da Freud. Questa innovazione nella tecnica suscitò una viva disapprovazione da parte di Freud. Si può affermare che Freud e Ferenczi erano sbilanciati su poli opposti:

A Freud tutto sbilanciato verso un estremo dove non c’è posto per i bisogni del bambino deprivato, non desiderato, rifiutato, non poteva che contrapporsi un Ferenczi sbilanciato verso l’estremo opposto, tutta oblatività e maternage.

F. Borgogno, Psicoanalisi come percorso, 1999

La teoria del trauma

Ferenczi iniziò a sostenere l’idea che le nevrosi fossero originate da traumi reali, al contrario di Freud che sosteneva si trattasse di fantasie.

“il trauma sarebbe quasi sempre, viceversa, la conseguenza di un modo sbagliato, privo di comprensione e di tatto, lunatico e addirittura crudele di trattare i bambini.”

“Le fantasie isteriche non mentono quando ci dicono che genitori ed adulti, nelle loro manifestazioni passionali di affetto nei confronti dei bambini – manifestazioni di natura erotica – giungono veramente a degli eccessi, aggravati dal fatto che se i bambini stanno a questo gioco a metà inconscio degli adulti, questi ultimi sono portati a ricambiarli con minacce e castighi che restano del tutto immotivati ai loro occhi. Sulle piccole vittime, sicuramente innocenti, tutto ciò ha allora azione di shock.” 

S. Ferenczi, Fondamenti di psicoanalisi, vol. 3, 1974

Secondo Ferenczi, i bambini che hanno subito abusi maturano più in fretta:

«Vien fatto di pensare ai frutti beccati dagli uccelli, che maturano più rapidamente o diventano più dolci, e così pure al precoce maturare dei frutti bacati»

S. Ferenczi, Confusione delle lingue tra adulti e bambini, 1932, in Fondamenti di psicoanalisi, vol. 3, 1974

Il trauma diviene patogeno quando oltre all’abuso segue il diniego: non c’è riconoscimento, ne rimedio da parte di chi ha compiuto l’abuso.

L’esposizione di questa teoria rappresenta il punto di rottura definitivo con Sigmund Freud.

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L’identificazione con l’aggressore

Secondo la concezione di quell’epoca, in particolare di Abraham, il senso di colpa dei bambini abusati è la prova della loro corresponsabilità nell’episodio traumatico, ovvero averlo desiderato inconsciamente. Ferenczi diede una diversa spiegazione partendo dalla Confusione delle lingue tra adulti e bambini del 1932.

Le richieste di tenerezza vengono fraintese dall’adulto, con tendenze patologiche, come se fossero richieste sessuali. In questo modo giustifica gli atti sessuali nei confronti dell’infante. In un passo di Ferenczi, l’adulto (patologico):

Fa come se niente fosse e si tranquillizza con l’idea che dopo tutto non è che un bambino, non sa ancora nulla, presto dimenticherà tutto.

S. Ferenczi, Confusione delle lingue tra adulti e bambini, 1932

Dall’altro lato, il bambino abusato prova rifiuto, disgusto, ma anche paura e impossibilità di sottrarsi al volere dell’autorità adulta. Così il bambino impaurito introietta i sensi di colpa, si sottomette alla volontà dell’aggressore, risponde a tutti i suoi desideri e si identifica completamente con l’aggressore. Infine, avviene uno spiacevole “innesto”:

Il bambino viene a essere in tal modo abitato da pezzi di persone e di personalità a lui estranee che […] vivono clandestine nel luogo del bambino, agendo su di lui, per lui, contro di lui al posto suo.

F. Borgogno, Psicoanalisi come percorso, 1999

Curiosità su Ferenczi

  • Fu analista di Melanie Klein: «Melanie Klein va in analisi con Ferenczi. Il motivo è una depressione acuta alla cui gravità contribuisce la morte della madre […]. L’interesse della Klein per la psicoanalisi si origina, secondo quanto da lei stessa asserito, appunto intorno al 1914, in seguito alla lettura di Freud. Melanie Klein parlerà di Ferenczi come di un uomo dal talento fuori del comune, un uomo che aveva il tocco del genio.» (Giorgio Antonelli, Il mare di Ferenczi, 1997)
  • Usò per la prima volta il termine empatia in psicoanalisi (L’elasticità della tecnica psicoanalitica, 1927-28)
  • Formulò il concetto di introiezione. Il processo secondo cui il mondo esterno viene interiorizzato nell’Io e diviene oggetto di fantasie inconsce.
  • Praticò l’esperimento estremo, per 8 anni, dell’analisi reciproca ( o mutua analisi ) con Elizabeth Severn. Analista e paziente si scambiavano di ruolo di seduta in seduta.

Bibliografia:

  • Antonelli, G., Il mare di Ferenczi, 1997
  • Cerato, M., Incontri ravvicinati. Psicoanalisi: un viaggio attraverso le parti più intime si sé e dell’altro, 2011
  • Carotenuto, A., Breve storia della psicoanalisi, 1999
  • Ferenczi, S., Fondamenti di psicoanalisi, trad. it, 1974
  • Ferenczi S., Thalassa. Saggio sulla teoria della genitalità, in  Opere. Volume Terzo 1919-2016, Raffaello Cortina Editore, 2009

Immagine di copertina: Portrait of Dr Ferenczi Credit: Wellcome Library, London. Wellcome Images images@wellcome.ac.uk http://wellcomeimages.org Photograph of a portrait of Dr. S. Ferenczi, c. 1923? Papers of Melanie Klein (1882-1960) Published: – Copyrighted work available under Creative Commons Attribution only licence CC BY 4.0 http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/

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